Ci capita di frequente, ormai, di entrare in contatto con coppie che hanno già intrapreso la via della convivenza e molti casi hanno già figli.
La maggior parte di esse vive con superficialità l’idea del rito civile, perché pensa: “Ma sì, siamo già una famiglia, non vogliamo fare cose speciali, non siamo più ragazzini, ci basta ufficializzare! E poi, tutti sanno bene che conviviamo ed abbiamo dei figli, è inutile! Preferiamo fare una cosa semplice, veloce, pratica e senza troppi “fronzoli””.
Indubbiamente proviamo grande ammirazione per coloro che, per mille motivi, prima del grande passo (quello di sposarsi, eh) danno priorità a situazioni più importanti. Costoro fondamentalmente sono persone decisamente concrete, vanno dritto al sodo, quindi preferiscono “investire” (tempo, energie e forse anche denaro) per la casa, la famiglia …i figli, probabilmente a discapito della propria persona.
Come dicevo, abbiamo grande stima per questo tipo di persone. Pochi hanno la determinazione e la capacità di essere pratici e vivere la famiglia nel suo essere, tralasciando l’aspetto prettamente burocratico.
Allo stesso modo, ci dispiace un pochino… Quando si tratta di loro e quindi concedere a sé stessi di vivere un’esperienza intensa, dove c’è da emozionarsi o addirittura commuoversi, essi se la negano.
Peccato non cogliere l’opportunità di vivere un’esperienza unica e di condivisione (dove condivisione sta nel metter fuori i propri sentimenti e condividerli coi propri genitori, assieme agli amici più cari, ai propri figli), darebbe la conferma che la scelta fatta (quella della convivenza o dell’esperienza genitoriale) conduca al senso vero della vita, a vivere con gioia la quotidianità della famiglia e dei figli stessi.
Se dovessi usare una metafora, vi inviterei a pensare ad un atleta che si allena senza sosta, molte ore, tutti i giorni. È ovvio che sacrificio e sforzo, giorno dopo giorno saranno sempre maggiori. E perché questo possa avere un senso, è necessario che egli abbia un obbiettivo e magari cerchi delle opportunità. Quali potrebbero essere le opportunità? Partecipare a delle gare, vivere l’esperienza agonistica della competizione, provare l’emozione di vincere una sfida. Portare a casa un trofeo! Un segno tangibile che avvalori il duro allenamento e permetta di continuare e ad andare sempre oltre, superando i suoi limiti.
È chiaro che il matrimonio non è un trofeo, e che una famiglia non nasce da una competizione. Ma se la vediamo come un passaggio da uno “stato” ad un altro, e quindi dall’essere “solo” o vivere con la famiglia d’origine, al diventare parte di un progetto di vita. Se avere in comune valori, progetti, sentimenti è fortemente desiderato anche dalla persona con cui scelgo di condividere la mia vita, allora avrò “vinto” un trofeo per l’eternità.
Sento di voler lanciare un messaggio a tutti colore che sono tendenzialmente più “concreti” e meno “romantici” (lasciatemelo passare): ciascuno di noi ha il diritto di celebrare con dignità il passaggio evolutivo che ci sposta da una dimensione all’altra. La nuova dimensione merita di avere un inizio che lasci un’impronta! Un segno forte dentro di noi ed in tutti coloro che amiamo e che ci amano, come i nostri genitori, i nostri fratelli e sorelle, i nostri nonni e precluderci l’opportunità di assegnare il trofeo alla nostra anima, sarebbe davvero un gran peccato!
Credo che solo così potremo sperimentare la certezza che gli sforzi e i sacrifici alimentano la voglia di vivere e ci portano a vivere una vita straordinaria.
Spero di essere riuscita ad esprimere quanto sia importate per noi di Sinfonie di Nozze che il rito civile sia celebrato e spero tu colga l’occasione per riflettere su quanto sia necessario e doveroso onorarlo. E non solo curandone l’allestimento della location da urlo, ma soprattutto crearsi l’opportunità di vivere l’esperienza che trasforma il rito civile in una cerimonia, essa è ciò che resterà per sempre dentro le nostre coscienze.
Grazie per avermi dedicato il tuo tempo e la tua attenzione, mi piacerebbe conoscere la tua opinione e cosa ne pensi.
Ti abbraccio, Lisa.